Il teatrino della politica nel grande teatro della vita”

Inevitabilmente la politica ha a che fare con la nostra esistenza , il nostro quotidiano, e in questi ultimi decenni con la globalizzazione, l’Europa, hanno visto la cosa pubblica avere un ruolo sempre più decisivo nelle scelte della nostra comunità. La politica affascina, divide, è amata e odiata, sicuramente oggi più terreno di scontro che confronto. La chiave di lettura che la stampa odierna offre della situazione politica nostrana, spesso aiuta poco ad elevarne il dibattito, ad accrescere culturalmente il confronto, limitandosi a raccontare la partita in corso. Provo a spogliarmi di ogni convincimento, di ogni appartenenza e laicamente cerco di comprendere realmente cosa stia accadendo e del perché si registri un allontanamento della gente dalla “partecipazione.

Il contesto in cui si muove oggi la politica italiana è ben diverso rispetto a qualche decennio fa, fino al 1989, data della caduta del muro di Berlino e della fine della guerra fredda. Il nostro paese, per quanto si voglia parlare di identità nazionale, oggi è una importante regione di un’area politica più vasta che è l’Europa, il mondo occidentale che comprende gli Usa. Molti poteri, sulla politica estera, la difesa, sull’economia non risiedono più a Roma ma altrove. La fine della guerra fredda ha sottratto al dibattito politico le differenze ideologiche che tante divisioni e scontri avevano creato. Tutto ciò fa perdere interesse agli elettori, non è più in gioco la scelta di campo tra libertà e comunismo, e non è più in gioco una visione paese, sentendoci ormai compresi in una società globalizzata con regole uguali per tutti. Per comprendere altri motivi della disaffezione degli elettori occorre comprendere qualche altro aspetto. Il nostro paese alle elezioni nazionali, registrava una percentuale di votanti, elevatissima, in alcune regioni sfiorava il 90%, questo fino alla fine della prima Repubblica e qualche successiva tornata della seconda repubblica. I cittadini non siamo candidi e immacolati elettori, che vanno per senso civico al voto sempre e comunque per il bene del paese, ma votiamo anche con la pancia per i nostri desiderata, per le nostre convenienze, contro le nostre paure, contro qualcuno per antipatia (tutta cosa italiana questa). Quindi c’è una parte di noi che va al voto per un interesse che può non coincidere con il bene comune. Potremmo fare molteplici esempi sul perché un dipendente pubblico fannullone voti uno schieramento e sul perché un imprenditore evasore voti un altro schieramento.

Ma c’è una ragione ancora, la più importante, quella decisiva e su cui bisognerebbe lavorare, ed è l’idea che la democrazia, la “libertà” è “partecipazione” come cantava Gaber. Durante la prima repubblica gli elettori erano invogliati al voto perché la posta in gioco era alta, ma anche perché si sentivano partecipi, avevano la percezione di contare veramente, perché la politica era a loro vicina. Quando ero ragazzo negli anni ’70 per le elezioni di Camera e Senato era tutto un gran movimento, comizi, volantini, manifesti. Ricordo un parlamentare della mia circoscrizione, un esponente delle Acli, eletto più volte alla Camera, membro di vari governi. Lui dal lunedì  pomeriggio stava a Roma, alloggiava all’albergo Santa Chiara a piazza della Minerva, e ritornava a Palermo il venerdì  mattina. I suoi elettori avevano il numero dell’albergo e per qualunque ragione potevano chiamarlo prima delle 8 del mattino. Al suo rientro a Palermo faceva studio ricevendo e ascoltando tutto il venerdì e sabato mattino, ininterrottamente, sabato pomeriggio e domenica la trascorreva nella sua città Giuliana, dove andava a messa nella sua parrocchia e incontrava la sua gente. Chiunque poteva incontrarlo e parlargli, era quella vicinanza di Roma alla gente comune. Si realizzava quell’insieme, quella miscela di idee, interessi e partecipazione che spingevano al voto. La seconda Repubblica ha sostituito il rapporto umano, diretto, con i media, le Tv ,come diceva un noto pubblicitario “un prodotto non arriva sullo scaffale del negozio se non passa prima dalla tv”. Per anni i dibattiti televisivi di programmi infuocati,  il clamore attorno ad alcuni protagonisti, la violenza  verbale, lo scontro duro, l’odio reciproco alimentato da campagne denigratorie hanno ancora una volta spinto la gente al voto attorno agli interessi contrapposti tra un economia liberale con meno tasse o statalismo con assistenzialismo, fate voi. La conclusione di tutto ciò una delusione profonda, tutto come prima, tutto inutile, con in più la percezione di essere solo spettatori, consumatori non più partecipi, i politici si facevano vedere in TV e poi…..

L’ultima pagina del teatrino della politica è quella che ci racconta l’ultima legislatura che vede il trionfo di un movimento nuovo, immaginato da Roberto Casaleggio, che poggiava sulla piattaforma Rousseau e la democrazia di rete. Una intuizione straordinaria, il superamento della democrazia parlamentare basata sui partiti (ecco perché avrebbero aperto il parlamento come una scatola di tonno svuotandolo di ogni potere) per dare origine alla democrazia di rete, ove ogni cittadino poteva iscriversi e partecipare attraverso la rete alle scelte del movimento. Immaginate un Parlamento ridotto ad una sola aula, di 400 eletti senza destra, sinistra, centro (di cui tanto si parla) con dibattito aperto sulla rete a tutti e per tutte le scelte. Senza vincoli, filosofie politiche, Rousseau riteneva che persino i figli erano dello Stato e ad esso andava delegata la loro educazione e crescita (lui lascia i suoi cinque figli), (la teoria pedagogica dell’Emilio) era contrario alla proprietà privata. Ovviamente il progetto ambizioso, veicolato dalle capacità comunicative di Grillo associato alla grande promessa “il reddito di cittadinanza “ fanno il resto. Cosa ha spinto milioni di elettori a votare i 5 stelle, la filosofia di Rousseau ?, il suo modello pedagogico ?, l’abolizione della proprietà privata ?, certo che no… molti hanno votato per il reddito di cittadinanza e perché coinvolti attraverso la rete si sono sentiti partecipi di un avventura. Come sempre la partecipazione. E oggi… quasi tutti i partiti continuano a sollecitare gli elettori per un voto di pancia “prima gli italiani” “no all’immigrazione clandestina”  “l’aborto è un diritto”  “bonus a destra e a manca” “droga libera” insomma non basta la pancia, se non si dà subito alla gente la possibilità di contare, di sentirsi coinvolta in un progetto, questo è il centro, perché questa è la politica, la capacità di unire idee, interessi e soprattutto partecipazione. Questo significa che se la politica non è dentro il grande teatro della vita diventa solo una caricatura un triste teatrino destinato a chiudere i battenti. (foto “internationalwebpost”).