Anche quest’anno ottobre è il mese della prevenzione del tumore al seno e in diversi ambulatori si moltiplicano le iniziative per la prevenzione. Ospitiamo uno studio redatto dal dottor Pino Failla che traccia la diagnostica senologica a cavallo di due millenni. Lo studio della mammella femminile, nel tentativo di poter diagnosticare precocemente un tumore, affonda le radici nel primo tentativo realizzato nel 1930 da Stafford L. Warren, radiologo di New York con pellicole Kodak a doppia emulsione a grana fine e schermi di rinforzo anch’essi a grana fine, come leggiamo nel testo “storia della radiologia” a cura del prof. Adelfio Elio Cardinale.
“Quando riusciremo e vi riusciremo a scoprire le lesioni iniziali del seno, allora lo studio radiologico della mammella, iniziato oggi e su basi non sicure, assurgerà a notevole valore…” scriveva profeticamente Mario Romagnoli nel 1931 sulla Rivista di Radiologia e Fisica Medica. Nel 1943 D. Agati e F.F. Dugazzola nel 1954 e nel 1958 descrissero una semeiotica radiologica della patologia mammaria. Ancora I. Orlandini e G. Bassani nel 1957 e Robert L. Egan nel 1960. Ma si deve a Ch. M. Gros, titolare della cattedra di Radiologia dell’Università di Strasburgo lo studio della mammella con un apparecchio dedicato da lui stesso progettato e fatto costruire dalla società francese Compagnie Gènèrale de Radiologie, il Senographe, nel 1967. Ricordiamo l’“Atlante di mammografia” di M. Lenzi e F. Amici e altri autori del 1969, e il “Trattato di mammografia” di L. Oliva e P. De Albertis del 1972. Nel 1979 il prof. Luzzatti raccoglie la sua esperienza sulla xeromammografia in un testo atlante e Oliva e De Albertis nel 1980 danno alla stampa un “Trattato di Senologia”. La società italiana di radiologia (SIRM) fonda nel 1975 la prima sezione di senologia, di cui è presidente G. P. Alberti, e a cui daranno il cambio I. Belli nel 1979, G. Luzzatti nel 1983, F. Amici nel 1987 e C. Di Maggio nel 1991 e V. Lattanzio, etc.
Questa la storia, che vi abbiamo raccontato grazie al contributo del prof. Cardinale e al suo testo. Con gli anni ‘90 e la presidenza della sezione di C. Di Maggio, nasce la diagnostica senologica moderna come approccio multidisciplinare. Di quel periodo sono i programmi Dose-Qualità, la realizzazione dei corsi residenziali sotto l’egida della Scuola Italiana di Senologia, l’importanza delle Unità Funzionali di Senologia Diagnostica, dove le varie metodiche vengono usate in sinergia. Nascono i programmi di screening già diffusi in molti paesi del Nord Europa.
I miei ricordi trovano una collocazione prima degli anni ’90, quando nel 1984-85comincio a frequentare la scuola di specializzazione in radiodiagnostica dell’Università Cattolica, diretta dal Prof Attilio Romanini, uomo di grande spessore culturale e religioso. Mi diceva il prof. Goglia, docente di Istologia, quando sedevo in consiglio di facoltà, come rappresentante degli studenti, che il voto di Romanini valeva cinque per indicarne l’autorevolezza e la considerazione in cui era tenuto. La prima sezione di diagnostica in cui vengo indirizzato era la sezione di cui era responsabile il prof. E. Bock, quella toracica a cui era associata la senologia, in quanto Bock insieme al mio amico G.Tagliaferri, era l’unico che se ne occupasse. Il mio compito era quindi quello di seguire il lavoro di sala, anamnesi e nella sala mammografica o xeromammografica e anche la visita.
Così il 25-27 novembre 1985 partecipo a Milano, al corso master in senologia e lì incontro il radiologo prof. S. Ciatto che tentava di spiegare ad alcuni colleghi attoniti, come fosse finita l’era della teletermografia, (metodica in voga fino ad allora, che si basava sulla neoangiogenesi, l’aumento del calibro dei vasi del gradiente termico focale e globale) ormai superata dalle nuove metodiche (mammografia ed ecografia mammaria). Ho modo di ascoltare Umberto Veronesi, disegnare con il fascino della parola e delle gestualità un avvenire ricco di sorprese nella diagnosi e terapia della patologia mammaria, indicando nella multidisciplinarietà l’elemento essenziale, vincente. Veronesi l’ho incontrato personalmente, altre due volte, allo IEO, con altri colleghi di più parti d’Italia, per un brainstorming sullo stato dell’arte della senologia. Del prof. Veronesi conservo un bellissimo scritto personale e con il suo gruppo ho collaborato quando negli anni ’90 iniziarono i “trials sul linfonodo sentinella”, inviando alcune delle nostre pazienti. A lui le donne devono moltissimo, per la chirurgia conservativa e per essere stato capace, come ripeteva spesso, di sconfiggere il cancro nella mente delle pazienti, cosa assai importante per la qualità di vita. In Cattolica conquistai la fiducia del prof. Bock, che mi dava tanto spazio, e mi coinvolse nell’organizzazione del “Corso Convegno Internazionale sui tessuti molli”, in cui si sarebbe trattata la diagnostica senologica, da tenersi a Rieti, nello splendido teatro Vespasiano, dal 16 al 18 ottobre 1986.
Un giorno venne a fare la mammografia, una paziente canadese che portava con sè una scheda senologica anamnestica, la fotocopiai e la riprodussi adeguandola, per utilizzarla nel nostro ambulatorio, (prima scheda informativa) e poiché avanzava l’informatica, approntai la prima refertazione automatica per la mammografia. Quella postazione mi portava a un dialogo giornaliero con i chirurghi che si occupavano di mammella, sempre a titolo personale, come il prof. Cina, il dr. Mantovani, il collega Lemmo, e come con il Prof. A. Picciocchi, chirurgo straordinario, da cui ho ricevuto molto. A Rieti gli oratori erano di primissimo livello come la dr.ssa Frankl G di Los Angeles, (stupende le immagini mammografiche proiettate con le diapositive), il prof. Amalric F di Marseille, il prof. Lamarque j.l di Montpellier. Nel frattempo la diagnostica mammografica fu scorporata dalla sezione toracica e in senologia venne la prof.ssa G. Pastore, di scuola radioterapica, grande professionalità e rigore scientifico.La clinica chirurgica del Gemelli nella figura del prof. Crucitti, ritiene, nel frattempo, sia il caso di aprire un ambulatorio di clinica senologica e affida l’incarico alla dr.ssa Simonetta Rossi, con la quale inizia una collaborazione. Lo studio della mammella, da approccio del singolo specialista, diventa ambulatorio e ambulatorio multidisciplinare, in cui la diagnostica per immagini è centrale: e siamo alla fine degli anni ’80. Lavori in corso, meglio la mammografia o la xeromammografia fino ad allora indicata per lo studio delle calcificazioni, vista la difficile evidenziazione con i mammografi del tempo. La xeromammografia in Italia era sostenuta dal prof G. Luzzatti, responsabile del servizio di Radiologia dell’Ospedale san Carlo Borromeo di Milano, per la maggiore latitudine di esposizione che consentiva uno studio della ghiandolamammaria, della cute, del capezzolo, del tessuto sottocutaneo, dei linfonodi del cavo ascellare e infine della parete toracica e delle arcate costali. Tali peculiarità induceva lo stesso prof. Charles Gros a riconoscere (nel J. Radiol. Electrol. 1975,) la superiorità della xeromammografia per lo studio delle microcalcificazioni, delle mammelle dense, comprese quelle sottoposte a radioterapia, per i noduli localizzati a ridosso della parete toracica nel solco sottomammario e in ascella. La metodica era più diffusa negli U.S.A, che in Europa, anche per il nuovo sistema (system 175) caratterizzato dallo sviluppo liquido anziché a polvere e dotato di una maggiore sensibilità per aumento dello spessore del foto-recettore. Una parola decisiva la dà la realizzazione del nuovo Senograph 500 T con anodo a molibdeno e a doppio fuoco 0,1-0,3, quindi, con la capacità di individuare con gli ingrandimenti, immagini millimetriche, le calcificazioni “eureka” fine della xeromammografia. Nel 1988 la svolta professionale, l’incontro, grazie al collega Francesco Priolo, con il prof. M. Guttadauro, elegante gentiluomo siciliano, amico e collaboratore del prof. L. Di Guglielmo, all’ Università, insieme autori di numerosi lavori scientifici.
Guttadauro per un nodulo sospetto, alla mammella della moglie, prima di affidarla ai chirurghi conosce la scuola di senologia diagnostica di Strasburgo e lì si appassiona alla metodica, divenendo in poco tempo uno dei maggiori esperti in diagnostica mammaria. Con lui ho collaborato per anni, imparando moltissimo, soprattutto l’entusiasmo e la passione per quella diagnostica che si coniugava con un amore grande per le persone. Quante volte per una diagnosi brillante ci siamo abbracciati commossi, quante volte un dettaglio, un ingrandimento decisivo per fare diagnosi, mi diceva: “Giuseppe questo radiogramma vale un Perù”. Con lui ponemmo fine all’altra grande disputa del tempo, meglio la mammografia o l’ecografia, in grande crescita grazie allo sviluppo tecnologico dei nuovi ecografi con le sonde lineari. La questione veniva sostenuta soprattutto dai ginecologi fautori a oltranza della metodica con ultrasuoni, calcando lamano sui pericoli delle radiazioni. Giorno dopo giorno ci eravamo resi conto che le due metodiche non erano alternative, ma complementari e iniziamo a partire dal 1991 a eseguire i due esami contestualmente, facendo un referto unico, avendo contezza che l’esame ecografico della mammella, con una “mappa mammografica” davanti, riesce a ottenere molte più informazioni. Oggi, sempre più frequentemente, le due metodiche sono associate, soprattutto in quei centri di maggiore esperienza. Alle soglie del terzo millennio la novità è la risonanza magnetica con mdc per lo studio della mammella, “quella lampadina che si accende” (la neoangiogenesi”) rivelatrice di una lesione, come diceva il prof. Del Maschio responsabile di uno dei Trials sulla Rm: Anche in questo caso un dibattito infinito, con qualcuno che immaginava la fine delle metodiche mammografiche ed ecografiche sostituite dalla Rm. Invece il ruolo della Rm, fondamentale in tante situazioni cliniche (stadiazioni preoperatorie, valutazione di una chemio neoadiuvante, seni complessi, diagnosi differenziale, cicatrice recidiva, studio delle protesi, donne giovani con mutazione genetica), ma non come approccio diagnostico, in cui si conferma centrale il ruolo della mammografia oggi digitale e con tomosintesi, ultima grande innovazione, come ebbe a confermarmi il prof. Ciatto in un incontro a Roma prima della sua prematura scomparsa. Per concludere, in questi lunghi trentadue anni, lamia vita professionale è stata strettamente legata allamia vita personale; la diagnostica senologica, il lavoro in questa sfida continua contro il cancro, nel tentativo di anticiparne le conseguenze irreparabili, si sono unite con la mia crescita umana, con le emozioni di un matrimonio, di essere padre, di un posto in ospedale, delle amicizie con persone che mi hanno arricchito con il loro sapere. I “lavori in corso” continuano, nuove sfide si prospettano all’orizzonte, le dispute di una volta sembrano oggi incomprensibili, e come sempre è la tecnologia a irrompere a gamba tesa, orientando le scelte di noi addetti alla materia. Novità si aspettano dagli studi sulla genetica, sulle caratteristiche biologiche dei tumori, sui fattori di rischio. E poi quali programmi di prevenzione, lo screening cosi come impostato oggi in Italia, per limitate capacità economiche dello Stato, per le donne in fascia di età 49-69, con una mammografia biennale salvo richiamo da parte dei medici refertatori o invece la realizzazione di Unità Funzionali (breast unit) di Senologia, in una rete capillare sul territorio, rivolte a tutte le fasce di età, con la partecipazione economica degli utenti in forme da verificare ? A conclusione di questo lavoro, non posso ripensare alla mia esistenza senza ricordare i volti dei colleghi maestri, alle innovazioni tecnologiche, alle nuove acquisizioni culturali, alle tante donne che lungo questi anni ho incontrato che sono divenuti parte del mio percorso umano e professionale.
