“Quando il figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora la fede..”

Questo versetto è posto alla fine della parabola del giudice iniquo e la vedova importuna (Lc 18, 1-8) che Gesù  racconta per spronare i discepoli a pregare senza stancarsi, senza “mollare mai”. E davanti al probabile sguardo smarrito dei suoi, lapidario, si chiede e chiede “quando il figlio dell’uomo tornerà troverà ancora la fede ? A volte provando a guardarsi attorno, alla miriade di chiese che, nel nord Europa, da edifici di culto sono stati  trasformati in luoghi di “svago”,  guardando alle nostre chiese, della cattolica Italia ,sempre più vuote di fedeli e svuotate di  fede, la domanda di Cristo al versetto 8 del capitolo 18 di  Luca, sembra attualissima, ancor più se ci ritroviamo a vivere, come credenti, il cristianesimo soprattutto come una religiosità mondana, permeata di buona creanza, piuttosto che come una fede che cambia il cuore dell’uomo e rivoluziona il mondo. Si, un cristianesimo sempre più scristianizzato, dove sempre meno il mistero dell’Incarnazione, della morte e resurrezione di Cristo, della sua Ascensione e della  Pentecoste risultano  incomprensibili e poco credibili. Si , un cristianesimo senza Cristo, solo con i Suoi insegnamenti, con priorità a quelli incentrati sulla carità , trasformata in filantropia,  e che tanto piace ad un certo pensiero laico.

Tutto ciò, ovviamente, cozza con la sacra scrittura, con il sacro magistero, con la sacra tradizione e tuttavia ha il sopravvento nella vita di una grandissima parte dei battezzati, ormai desacralizzati, scristianizzati figli di quell’ateismo fluido di cui parla il card. Robert Sarah, ateismo che non nega Dio, ma lo svuota di contenuto, di sostanza, sostituendolo con un’etica laica. E allora tutto il processo storico culturale, avviato da una certa corrente di cattolicesimo, dei fautori della mediazione culturale, che ha preceduto il Concilio Vaticano II e accompagnato, da alcuni con una errata lettura di questo, ha generato di fatto un grandissimo disorientamento. Affidare alle capacità dell’uomo, alla sua intelligenza, in autonomia, la mediazione culturale dell’Avvenimento Cristiano, significa spogliarlo della Grazia, dell’azione dello Spirito vivificante separando di fatto l’uomo da Dio, una storia già vissuta. La chiesa primitiva, le prime comunità cristiane non si sono mai poste la domanda come modularsi, piegare alle esigenze della società del tempo, che peregrina non era, trattandosi dell’Impero Romano. Al contrario è stata la società del tempo, l’infallibile Impero Romano, che ha rincorso la comunità cristiana, scoprendo la bellezza e il fascino di una umanità che si generava dall’incontro tra il cuore dell’uomo e il figlio di Dio. Si perché la Chiesa nasce da questo Incontro, nasce dalla Pentecoste, dall’irrompere  dello Spirito Santo nella vita di “poveri uomini” quali sono i cristiani. Basta inseguire, occorre uscire dall’angolo in cui ci siamo cacciati, arroccati, in difesa cadendo spesso nelle provocazioni che ci fanno apparire dei retrogradi reazionari contrari al progresso, ad una nuova umanità. Non c’è nessun progresso dell’umanità, anzi all’orizzonte, dietro una deriva etica che trasforma i desideri in diritti, c’è tanta solitudine, tristezza, violenza, morte, che qualcuno vuole spacciarci per felicità. Ora è il momento della testimonianza, ora è il momento, uniti a Pietro e ai pastori, di uscire dal Cenacolo, ora è il momento dell’Annuncio, del Kerigma, ora è il momento di rendere visibile una umanità redenta, che senza nessuna forma di intellettualismo o mediazione culturale, incarni la vita nuova, in forza della Grazia, dell’azione dello Spirito Santo, la vita che precede il desiderio di infinito che c’è nel cuore di ogni uomo, la vita, Cristo, che non si impone per legge ma per il fascino e lo stupore che genera in chi la incontra.